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PAESAGISCO
Danzare il paesaggio: una drammaturgia del fuori

Agire con il paesaggio, attraversandolo, diventandone parte.
Una traccia lasciata sul cammino, una nella memoria.
Agire contemporaneamente dentro e fuori.
Una sinestesia narrativa in movimento.
Un percorso esperienziale alla ricerca di storie nascenti, pronte per essere raccolte.
Percepire, sentire, immaginare: il corpo diventa un’onda, un racconto mitico, una mappa narrativa.
Sono un paesaggio che diviene.

 

PAESAGISCO è un percorso laboratoriale di drammaturgia del paesaggio.
Si articola attraverso un cammino in cui i partecipanti sono condotti alla scoperta delle possibilità creative dell’attraversare un territorio.
Il laboratorio, focalizzato sugli aspetti sensoriale/percettivo, si presenta come una camminata all’aperto attraverso un itinerario guidato, suddiviso in tappe, da svolgersi in gruppo.
In ogni tappa si elaborano strumenti di volta in volta differenti per acuire le percezioni e trasformarle in racconti del presente.
Viene in questo modo agito il paesaggio e al tempo stesso il paesaggio agisce su noi; viene messa in moto una sorta di circolazione ecologica in cui il corpo e l’ambiente diventano parte dell’estetica del paesaggio.
Un allenamento a creare l’eco di un luogo, partendo da se stessi, facendone riverberare gli aspetti più incisivi: un colore, un suono, un profumo, un’atmosfera. 
PAESAGISCO è un laboratorio di esplorazione interna ed esterna, attraverso la compartecipazione di 3 elementi: Movimento, Percezione, Narrazione.
Una lettura creativa del paesaggio a partire dall’osservazione di questo e mediante l’immersione corporea.
Diventare attenti lettori, ancor prima che scrittori, di uno spazio e delle sue parole silenti, delle storie che custodisce, liberando immagini, parole, movimenti.

Danzare il paesaggio significa cogliere gli elementi sincronici e formali di coreografie eventuali del divenire.
La Drammaturgia del fuori è l’elaborazione sistematica di una storia fatta di connessioni del presente.

Camminare significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione di tutti i sensi. E’ un’esperienza che talvolta ci muta, rendendoci più inclini a godere del tempo che non a sottometterci alla fretta che governa la vita degli uomini del nostro tempo. Camminare è vivere attraverso il corpo, per breve o lungo tempo. Trovare sollievo nelle strade, nei sentieri, nei boschi non ci esime dall’assumerci le responsabilità che sempre più ci competono riguardo ai disordini del mondo; ma permette di riprendere fiato, di affinare i sensi e ravvivare la curiosità. Spesso camminare è un espediente per riprendere contatto con se stessi”. David, Le Breton, Il mondo a piedi, Milano, Feltrinelli, 2001, p. 9

COME SI SVOLGE
La finalità del laboratorio consiste nella costruzione della mappa narrativa del proprio cammino attraverso l'elaborazione creativa dell'immersione nel paesaggio. L'esperienza si articola nell'alternanza tra momenti di cammino e momenti di sosta, momenti di raccolta in transito e momenti di condivisione ed elaborazione dei materiali raccolti. Nell'atto del camminare l'attivazione corporea, sensoriale, risveglia la memoria di eventi passati associati al presente del paesaggio ed il succedersi dei passi stimola immagini, parole, racconti. La punteggiatura è insita nel movimento nello spazio che ci obbliga a rallentare, a fermarci per osservare un particolare, per cedere il passo a chi ci viene incontro, per non perdere l'equilibrio, ad accelerare ed a riprender fiato. Nel flusso dell'andare, nella metamorfosi suggerita dallo sguardo, nell'essere tutt'uno con la natura, si struttura l'immersione nel paesaggio che dall'essere sfondo e panorama diventa ambiente e contesto per nuove drammaturgie. Una mappa composta da immagini, memorie, movimenti, testi, che si inscrive primariamente nel corpo e può venire trasmessa, formalizzata, condivisa.

Durante il cammino il partecipante è invitato ad "agire il paesaggio" mediante esercizi, pratiche, indicate dai conduttori, di incorporazione e traduzione in espressione creativa. La sosta è la messa in luce dell'esperienza percettivo-creativa, della sua condivisione, del suo divenire forma concreata attraverso parole e movimenti. Al termine del percorso ogni partecipante avrà composto la sua mappa creativa, generando un quadro stratificato di immagini, parole, suoni, emozioni, in sintonia con l'ambiente, in relazione con il paesaggio interno ed esterno, un mappa olistica del divenire.

STRUMENTI
Durante il percorso-laboratorio vengono utilizzate tecniche derivate dal mondo della danza, del teatro, nonché da metodologie originali elaborate nel corso della pratica performativa di Senza Confini Di Pelle. La danza per esempio è sia strumento estetico che cinetico: viene suggerita dal tronco sinuoso di un ulivo secolare, dagli alberi piegati dal vento, dalle nuvole rapide o immobili, dalle crepe della terra, dalle lucertole al sole. E' sia l'incorporare un'immagine dinamica, sia riprodurla tradotta dal movimento del corpo. Gli esercizi di percezione sono utilizzati invece per aprire il corpo alle sue facoltà sensoriali, ponendo la vista in secondo piano: la percezione dello spazio è stimolata dal suono, dai profumi, dalle superfici. Le pratiche immersive sensoriali come il deep listening (ascolto profondo) riportano il corpo fuori di sé, oltre i suoi confini epidermici, estendendosi fin dove il suono giunge: io sono fin dove i miei sensi arrivano. L'utilizzo dello storytelling, della narrazione, viene operato su due livelli: stimolazione e produzione. La stimolazione al racconto avviene narrando in alcuni punti precisi le storie che appartengono a quei luoghi, legando così indissolubilmente il topos con il logos proprio di molte comunità. Sono le storie che narrano della cultura di quella comunità, possono essere scontri di guerra, leggende, mitologie o semplici invenzioni narrative per segnare una proprietà. La produzione è invece suggerita dall'incedere del passo lungo il cammino, dove già quest'atto è di per sé narrazione: camminando i pensieri si legano al paesaggio e dalla solipsistica esperienza il vissuto affiora in forma di racconto.

Vengono poi prese a prestito alcune esperienze della Land Art come quelle di Richard Long, in cui il lasciare una traccia del proprio passaggio diventa una forma estetica ecologica che riconcilia cultura e natura valorizzando l'arte come strumento di presa di coscienza dell'agire umano. Un altro fondamentale strumento è la Metodologia dell'Adesione sviluppata da Senza Confini Di Pelle attraverso il progetto Add Up tra Europa e Brasile dal 2011 ad oggi. Punto focale di questa pratica è l'adesione dei corpi all'ambiente circostante utilizzando una tassonomia variegata che spazia dalle adesioni più concrete a quelle più astratte. Attraverso questa metodologia il corpo assorbe le forme del paesaggio introiettandole per poi utilizzarle come movente e generatore di dinamiche creative, di danze del paesaggio.

FORMATI
Il progetto è articolato in Workshop, Installazione e Performance.

Workshop > Serie di workshop della durata di un giorno per una settimana. Al termine di ogni workshop i partecipanti restituiscono le loro impressioni attraverso immagini, testi e oggetti raccolti durante il percorso.

Installazione > Il risultato più visibile e concreto: una mappa sensoriale delle impressioni che fa da testimone allo scambio tra il sé e l'ambiente. L'installazione è composta dai materiali raccolti nei workshop e organizzati in modo da restituire una geografia astratta e concreta allo stesso tempo.

Performance > Una performance in cui l'esperienza attraversata si modula nei corpi riverberando una sequenza di memorie. La performance è rappresentata durante l'opening dell'installazione e agita dai partecipanti al workshop.

PARTICIPANTI
Il progetto è aperto a chiunque ne sia interessato senza limiti biografici o di esperienza nel campo delle performing art per un minimo di 5 ad un massimo di 25 partecipanti.